SoftPro, la morbida rivoluzione della protesica
SoftPro – la “morbida” rivoluzione della protesica
Lo scorso marzo è ufficialmente partito SoftPro, un progetto promosso e sostenuto dalla Comunità Europea nell’ambito del piano di finanziamento alla ricerca denominato H2020, della durata di quattro anni.
Il progetto nasce dalla collaborazione tra diverse realtà d’eccellenza, sia nella ricerca, sia nell’ambito clinico, ed è coordinato da Antonio Bicchi, professore ordinario di Robotica all’Università di Pisa e Senior Scientist all’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova.
Importante novità ed elemento caratterizzante della proposta è il forte contributo dato dalle diverse realtà industriali presenti e operanti attivamente nel progetto stesso.
Tra i principali obiettivi che si propone SoftPro possiamo individuare lo studio di nuove tecniche riabilitative dell’arto superiore e l’investigazione di nuove tecnologie da applicare nella riabilitazione e recupero funzionale dell’arto superiore.
Obiettivo importante e parallelo ai precedenti è anche il completamento della trasformazione e applicazione della mano robotica Pisa/IIT SoftHand a fini protesici funzionali, rendendo il dispositivo accessibile ad un vasto pubblico. A tal proposito è interesse del progetto l'ottenimento di un dispositivo che disponga di un Technology Readiness Level 8, un livello tecnologico che, in prima approssimazione, corrisponde ad un sistema pronto per essere immesso sul mercato.
Punto di forza del progetto è anche la presenza di un pannello di esperti che rappresenti le necessità degli utenti, che darà un importante contributo ai processi decisionali durante le fasi di ricerca, prototipizzazione e ingegnerizzazione delle tecnologie che verranno sviluppate. Oltre a prestigiosi membri internazionali, del pannello fanno parte anche importanti associazioni italiane quali FIOTO, ASSORTOPEDIA, AIDDA (Associazione Italiana Difesa Diritti Amputati) e FINP (Federazione Italiana Nuoto Paralimpico).
La SoftHand
La mano robotica SoftHand, grazie al design rivoluzionario, ha già riscontrato notevole successo nella comunità scientifica, ricevendo prestigiosi riconoscimenti presso conferenze internazionali quali “Humanoids”, in Giappone nel 2012 e in Corea nel 2015 e “IROS” (conferenza mondiale di Robotica e Sistemi Intelligenti) nel 2012 in Portogallo.
La struttura meccanica della mano è semplice ed innovativa. Anziché essere rigidamente connesse da tradizionali giunti con cuscinetti a sfere, le falangi rotolano una sull’altra come le articolazioni del corpo umano e sono unite da legamenti elastici. Tale struttura conferisce notevole flessibilità e robustezza alla SoftHand, che risulta così in grado di uscire illesa da urti che distruggerebbero la maggior parte delle mani robotiche tradizionali. Le dita possono infatti essere tirate, piegate, disarticolate e ritornano in posizione senza subire danni.
Altro aspetto innovativo è costituito dal meccanismo di attuazione. Un unico motore controlla tutte le articolazioni attraverso un tendine che scorre lungo le dita. Quando il motore tenta di chiudere o aprire la mano, le dita si muovono in maniera coordinata, secondo uno schema preciso che si ispira ad una delle più avanzate teorie delle neuroscienze moderne: quella delle sinergie motorie.
Secondo la teoria delle sinergie, tutti i complessi movimenti che l’essere umano può compiere sono scomponibili in una serie di movimenti di base.
Tali unità di movimento, o “sinergie”, generate da una precisa attivazione di muscoli, derivano dalle nostre caratteristiche anatomiche, da movimenti innati o da movimenti imparati durante la prima infanzia.
Durante l’esecuzione di un movimento al quale contribuiscono molteplici
articolazioni e gruppi muscolari, dunque, anziché controllare singolarmente ogni muscolo coinvolto, il cervello semplificherebbe il movimento scindendolo in pattern di attivazione elementari.
Questi pattern, o sinergie,
costituirebbero dunque un repertorio di movimenti che coinvolgono determinati gruppi muscolari in maniera coordinata, una sorta di sintassi del linguaggio motorio.
Tale fenomeno può essere quantificato, ad esempio, mediante l’uso della Analisi delle Componenti Principali (PCA). La PCA può essere infatti utilizzata per esaminare insiemi di dati molto complessi, quali per esempio i
movimenti di tutti i giunti della mano, estraendone le componenti essenziali.
Con questo metodo, la maggioranza dei movimenti delle articolazioni richiesti durante la normale attività quotidiana è descrivibile mediante la combinazione delle prime tre sinergie.
Basti pensare che la prima sinergia, da sola, copre più della metà della variabilità posturale della mano umana.
La SoftHand è stata progettata in modo che le dita si muovano in maniera coordinata ricalcando la prima sinergia, così da conferire alla mano una postura adatta ad afferrare la maggior parte degli oggetti di uso
comune. Inoltre, tale coordinazione non è imposta in maniera rigida: nel momento in cui un dito entra in contatto con un ostacolo, infatti, esso ferma la sua corsa mentre le altre dita sono libere di continuare a muoversi, rendendo così possibile la presa di oggetti molto diversi tra loro.
La straordinarietà di questo meccanismo sta nel fatto che la capacità di adattamento della SoftHand la rende in grado di assumere un numero di posture finali virtualmente infinito.
La SoftHand Pro
La versatilità della SoftHand, unita alla sua robustezza la rendono particolarmente adatta ad essere utilizzata come protesi. Il controllo da parte di un singolo motore, poi, rende la mano robotica adatta a un semplice utilizzo senza richiedere lunghi tempi di apprendimento.
La SoftHand Pro, così è chiamata la versione protesica della SoftHand, si presenta come una versatile protesi antropomorfa e poliarticolata, pur mantenendo la robustezza e la semplicità d’utilizzo tipiche del tradizionale plit hook.
La SoftHand Pro può essere controllata tramite due elettrodi che registrano l'attività elettrica di superficie (EMG) dei muscoli dell’avambraccio, e i cui segnali sono analizzati da un'interfaccia elettronica che comunica
con il motore. Tra le varie modalità di controllo disponibili, è presente la possibilità di controllare il grado di forza della presa, variando l’intensità della contrazione muscolare.
E’ quindi possibile maneggiare oggetti di tutti i tipi, effettuando prese energiche per oggetti pesanti, oppure prese lievi per quelli più delicati.
Scopo della SoftHand Pro è rimpiazzare buona parte delle protesi di mano disponibili ad oggi sul mercato, offrendo prestazioni migliori di quelle che si avevano tradizionalmente e al contempo mantenendo costi ridotti e compatibili con quanto previsto dal servizio sanitario nazionale.
La struttura in plastica, con pochi 3 componenti metallici e la presenza di un solo motore, permette infatti di ottenere un prodotto robusto, leggero e dal costo contenuto.
Risultati preliminari incoraggianti sono stati già ottenuti in test clinici con soggetti amputati presso la prestigiosa Mayo Clinic, a Rochester (MN, USA), anch’essa tra i partner del progetto SoftPro.
Commenti molto positivi sono infatti giunti sia dal personale della clinica, sia dai volontari che hanno avuto modo di provarla.
Altrettanto importante ma di natura diversa è il test che si terrà l’8 ottobre a Zurigo; il team SoftHand gareggerà infatti alla prima edizione del Cybathlon, una competizione in cui concorreranno paratleti dotati
delle più avanzate tecnologie assistive, e il pilota Clint Olson, del Wisconsin, cercherà di vincere la medaglia della categoria “arm-prostheses” indossando una SoftHand Pro.
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